Diritti delle donneViolenza online

15 Novembre 2024by Redazione

La Violenza Online

Gli ambienti digitali, come tutti gli aspetti dell’interazione umana, non sono neutri rispetto al genere, ma riproducono le esistenti relazioni di potere presenti all’interno delle società.

Con il termine violenza online, violenza digitale, o cyberviolenza, si intendono tutte quelle forme di violenza rese possibili dalle tecnologie digitali come le piattaforme social, le app di messaggistica, i forum online e gli ambienti di gioco virtuali. Le ricerche mostrano come il fenomeno colpisca in maniera particolare donne e ragazze, per questo la violenza digitale può essere considerata una declinazione della violenza di genere.

La violenza digitale può infatti iniziare online e proseguire offline, o viceversa, ed essere messa in atto da persone o gruppi di persone sia anonime o sconosciute alla vittima, sia conosciute. Si manifesta sotto forma di diversi comportamenti, delineati in seguito.

La violenza di genere online si può manifestare sotto varie forme e caratteristiche di cui ad oggi sono state riconosciute le seguenti:

  • Revenge porn: consiste nella diffusione e talvolta nella creazione vera e propria (falsi digitali “deepfake”) di materiale a esplicito contenuto sessuale (foto, video) senza il consenso della persona coinvolta, allo scopo di screditarne l’immagine pubblica. La diffusione del materiale può avvenire in diverse modalità, ad esempio attraverso link pubblicati sui profili social della vittima o l’invio del materiale pornografico a persone della sua cerchia familiare, lavorativa o delle amicizie, così come l’appropriazione girando video o scattando immagini senza il consenso della vittima oppure hackerandone i dispositivi elettronici. In ogni caso, ciò che accomuna questo tipo di fenomeni è l’atto di rendere pubblico qualcosa di destinato a rimanere privato, per umiliare e, spesso, vendicarsi della persona oggetto del revenge porn, che, infatti, in molti casi viene messo in atto da ex partner, con gravi conseguenze dal punto di vista psicologico, sociale e anche materiale su chi lo subisce.
  • Minacce sessuali: costringere o fare pressione ad assumere comportamenti sessuali online o condividere materiale sessuale online. Un esempio può essere il grooming, ovvero la modalità predatoria messa in atto da persone adulte nei confronti delle persone minori.
  • Molestie sessuali: qualsiasi sessualizzazione non richiesta della persona che si trova a ricevere commenti, richieste o contenuti indesiderati online.
  • Cyberstalking: Stalking digitale, che consiste nel mettere in atto attraverso i mezzi di comunicazione digitali (email, social network, app di messaggistica) comportamenti molesti e ossessivi per minacciare, spiare, perseguitare o stabilire contatti indesiderati con la vittima, provocando angoscia e insicurezza.
  • Abusi relazionali digitali: consiste nel ricorso alle tecnologie per controllare e abusare della/del partner attraverso gli strumenti digitali.
  • Discorsi d’odio (hate speech): discorsi discriminatori in base a genere, razza, età, orientamento sessuale della persona, ecc…
  • Sextortion: Estorsione sessuale, definisce un fenomeno di ricatto online che colpisce solitamente persone adulte, ma sempre più spesso anche bambine, bambini e adolescenti, che consiste nella richiesta dell’invio di somme di denaro con il fine di non rendere pubblico materiale sessualmente esplicito rubato o, più di frequente, precedente inviato dalla vittima dopo un iniziale adescamento online, di solito attraverso chat. Nel caso in cui le vittime siano minori, la richiesta, invece che di denaro, può essere di altri contenuti (immagini, video) a sfondo sessuale. Spesso, chi realizza la sextortion falsifica la propria identità, inviando finte immagini intime e, nel caso di minori, fingendosi coetaneo o coetanea della vittima ed esprimendo apprezzamenti sulle foto pubblicate sui profili social. Il fenomeno è in aumento ed è particolarmente pericoloso in quanto fa leva sulla fragilità e sul senso di colpa e la vergogna delle vittime, portate spesso a non denunciare o cercare aiuto per difendersi da quello che è a tutti gli effetti un reato.
  • Victim blaming: è una forma di violenza di genere che si manifesta perlopiù nel digitale, chiamata anche “vittimizzazione secondaria”. Consiste nell’accusare parzialmente la vittima di una violenza di genere (ad esempio uno stupro) di aver in qualche modo provocato o contribuito a quello che le è accaduto (ad esempio commentare e fare affermazioni sul modo in cui era vestita).
  • Doxing: Neologismo nato negli anni Novanta nell’ambito dell’hacking, che indica la ricerca online, l’appropriazione e la pubblicazione non consensuale di informazioni private o personali riguardanti una persona, che possono includere dati sensibili come indirizzo IP o di residenza, numero di telefono, informazioni sul posto di lavoro o su conti bancari e carte di credito, codice fiscale, foto personali o dettagli imbarazzanti. Il principale obiettivo di questo tipo di attacchi è quello di violare la privacy e, conseguentemente, di umiliare, punire o intimidire la vittima. Il doxing può spesso sfociare in minacce, insulti e molestie di stampo sessista.

Il mondo digitale presenta alcune peculiarità e che diventano proprie dell’atto stesso della violenza:

  • Anonimato: l’abusante può restare anonimo alla vittima.
  • Azione a distanza: l’abuso può essere perpetrato senza contatto fisico e da qualsiasi luogo nel mondo.
  • Automazione: l’azione abusiva, utilizzando le nuove tecnologie, richiede meno tempo e sforzo.
  • Accessibilità: la varietà e l’accessibilità alle nuove tecnologie le rende facilmente accessibili agli abusanti.
  • Propagazione e permanenza: testi, immagini e video possono moltiplicarsi e continuare a essere presenti online per molto tempo o per sempre.

Ciò che differenzia la violenza contro le donne online dalle forme classiche di violenza è la riproducibilità e l’incontrollabilità della sua diffusione. Il reato può essere ripetuto per sempre e ha ripercussioni ovunque, in qualsiasi momento. Le sue vittime vengono smascherate e degradate in modo virale davanti a un pubblico di estranei, con effetti incontrollabili.

Dato che la violenza online è un tassello che si inserisce nelle molteplici forme in cui viene agita la violenza sulle donne, restano decisivi gli indirizzi assunti dalle fonti internazionali, in primo luogo dalla Convenzione di Istanbul, e l’adesione dell’Unione europea alla convenzione del Consiglio d’ Europa sulla prevenzione e la repressione della violenza nei confronti delle donne, dove si sostiene la necessità di agire e intervenire sia sulla mancanza di definizioni giuridiche, sia sulla mancanza di sensibilizzazione e sottostima del fenomeno.

In Italia il reato di revenge porn è stato introdotto nel Codice Penale italiano all‘articolo 612-ter della Legge n. 69 del 19 luglio 2019, creato per proteggere le vittime di violenza domestica e di genere a seguito di alcuni tragici eventi mediatici.

L’articolo 612-ter comprende due commi distinti, entrambi finalizzati a punire la diffusione non autorizzata di contenuti sessualmente espliciti.

  1. Il primo comma sanziona chiunque invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. La pena prevista va da 1 a 6 anni di reclusione e da 5.000 a 15.000 euro di multa.
  2. Il secondo comma prevede la stessa pena anche per coloro che, avendo ricevuto o acquisito le immagini o i video, li diffondono senza il consenso delle persone rappresentate con l’intento doloso di nuocergli. Questa disposizione mira a prevenire il tentativo di circolare immagini sessualmente esplicite affermando di non averle create, ma solo ricevute da terzi.

La lotta contro la violenza virtuale richiede un approccio complesso e multidisciplinare che coinvolga attivamente individui, comunità, enti governativi e aziende tecnologiche. Programmi di istruzione e sensibilizzazione sono essenziali per promuovere la consapevolezza digitale e per insegnare pratiche online sicure.

Inoltre, è fondamentale rafforzare il quadro legislativo, ad oggi ancora obsoleto nella maggioranza dei Paesi ad alta digitalizzazione, e i meccanismi di applicazione delle leggi al fine di individuare e punire efficacemente i responsabili di tali reati. La creazione di spazi digitali più sicuri tramite avanzate impostazioni di privacy, moderazione dei contenuti e meccanismi di segnalazione contribuisce significativamente a mitigare il rischio di violenza virtuale.

Se ti riconosci in una di queste situazioni, ti trovi in difficoltà e hai bisogno di aiuto e supporto contatta i numeri:

  • Linea di aiuto nazionale sulla violenza, multilingue e attiva 24 ore su 24 in tutta Italia: 1522,chiamata gratuita.
  • Carabinieri: 112
  • Polizia: 113
  • Emergenza sanitaria: 118
  • App YouPol realizzata dalla Polizia di Stato per segnalare episodi di spaccio e bullismo, l’App è stata estesa anche ai reati di violenza che si consumano tra le mura domestiche
  • Pronto Soccorso, soprattutto se si ha bisogno di cure mediche immediate e non procrastinabili. Gli operatori sociosanitari del Pronto Soccorso, oltre a fornire le cure necessarie, sapranno indirizzare la persona vittima di violenza verso un percorso di uscita dalla violenza
  • Mappa dei consultori in Italia
  • Centri antiviolenza sul sito del Dipartimento delle Pari opportunità
  • Farmacie, per avere informazioni se non è possibile contattare subito i Centri antiviolenza o i Pronto soccorso
  • Telefono Verde AIDS e IST 800 861061se si è subita violenza sessuale. Personale esperto risponde dal lunedì al venerdì, dalle ore 13.00 alle ore 18.00 sui possibili rischi di contrarre infezioni a trasmissione sessuale a seguito della violenza. Si può accedere anche al sito www.uniticontrolaids.it
  • Poliambulatorio dell’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà(INMP), dall’8 marzo 2021 è attivo il Servizio Salute e Tutela della Donna, dedicato alla presa in carico delle donne più fragili o comunque bisognose di assistenza sanitaria e psicologica.

Per saperne di più:

Save the Children

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